L'Ulivo, nel territorio siciliano, è una delle piante arboree più rappresentative, e il paesaggio agrario è caratterizzato da un'olivicoltura di tipo tradizionale e secolare, con piante che hanno più di 100 anni.
Gli Olivi, nei vari territori, sono sparsi nei seminativi delle aree collinari insieme a mandorli e carrubi, in alcune zone con la vite e gli ortaggi, mentre negli agrumeti sono posti ai margini. Gli oliveti specializzati ed irrigui sono di recente costituzione.
Questa singolare e tipica olivicoltura è una ricchezza per il territorio, per le molteplici funzioni cui adempie: caratterizza l'ambiente, esplica un'azione di protezione del paesaggio e soprattutto sostiene il reddito delle numerose e piccole aziende agricole.
Ai giorni nostri, sono soprattutto gli anni Cinquanta a segnare l’espansione nel resto del mondo della "cultura" dell’olio, a seguito della "scoperta" delle sue ineguagliabili qualità organolettiche e nutrizionali. Infatti l'olio extravergine d'oliva è uno dei componenti essenziali della dieta mediterranea grazie al fatto che esso si ricava dal frutto e non dal seme.
Nel corso di pochi anni i produttori di olio d'oliva di qualità della Sicilia sud orientale si sono moltiplicati, forti della denominazione DOP e di un lavoro intenso di valorizzazione da parte dell'Assessorato agricoltura e foreste nei suoi uffici di zona.
E se da millenni, dunque, si estrae questo liquido pregiato, e se da sempre gli uomini lavorano l'olivo per trarne il nettare migliore, il procedimento di lavorazione, nella sua essenza rimane immutato. Ancora oggi si utilizzano gli stessi strumenti dalle millenarie origini, naturalmente migliorati, grazie alle innovazioni tecniche, infatti, il processo di spremitura e di schiacciamento rimane altamente fedele a quello originario.
Breve storia dell’olio in Sicilia
La Sicilia è da sempre considerata una tappa storica di fondamentale importanza per lo sviluppo dell'olivicoltura. Le tecniche estrattive dell'olio, in Sicilia, vennero dapprima introdotte nelle fattorie fenicio-cartaginesi e poi nelle colonie greche. Lo storico Diodoro siculo, ci ricorda gli opulenti oliveti di Akragas. Fu pianta sacra per i Sicelioti, i greci di Sicilia, a cui si deve la sua diffusione nell’ Isola, che punivano con l'esilio chi sradicava gli ulivi. Ricordiamo, infatti, che fu l'ateniese Aristeo che insegnò agli antichi siciliani come estrarre l'olio, inventando "u trappitu" (tradizionale oleificio a pressione), e per questo fu costruito in suo onore un tempio a Siracusa. La massima estensione ed intensità della coltura dell'Olivo si ebbe, però, in epoca imperiale, che oltre a soddisfare i bisogni interni, l'olio prodotto alimentava un attivo commercio di esportazione. L'olivicoltura decadde con la caduta dell'Impero Romano. Gli Arabi incoraggiarono la coltura di altre piante fruttifere e, essendo i loro paesi di origine forti produttori di olio, per ragioni commerciali ne ostacolarono la produzione in Sicilia. Tutt'oggi vengono adoperati nel dialetto locale alcuni termini di derivazione araba: Giarra, tipico recipiente d'argilla specifico per tenervi l'olio; Burnia, vaso di argilla cotta per riporvi le olive; Coffa, corda intrecciata atta a contenere la pasta, da porre sotto il torchio; Tumminu, misura di capacità per le olive. La coltura dell'Olivo rifiorì in epoca normanna e sveva, ma decadde nuovamente con la dominazione spagnola e la sua ascesa ricominciò soltanto verso i primi dell'ottocento. L'albero dell'ulivo è citato nei testi di Omero, rappresentato nei graffiti e affreschi delle tombe in Egitto, nominato nella Bibbia e nei testi arabi, infatti, la cristianità fin dalle sue origini è ricca di riferimenti all'olivo, simbolo di pace e della Pasqua Cristiana.
Altro aspetto della pianta è quello di simboleggiare la prosperità, aspetto degnamente valorizzato anche dall'arte, esempio di quanto detto, è che la pianta, è rappresentata nei mosaici della Villa Romana del Casale di Piazza Armerina (En).
La Sicilia è da sempre considerata una tappa storica di fondamentale importanza per lo sviluppo dell'olivicoltura. Le tecniche estrattive dell'olio, in Sicilia, vennero dapprima introdotte nelle fattorie fenicio-cartaginesi e poi nelle colonie greche. Lo storico Diodoro siculo, ci ricorda gli opulenti oliveti di Akragas. Fu pianta sacra per i Sicelioti, i greci di Sicilia, a cui si deve la sua diffusione nell’ Isola, che punivano con l'esilio chi sradicava gli ulivi. Ricordiamo, infatti, che fu l'ateniese Aristeo che insegnò agli antichi siciliani come estrarre l'olio, inventando "u trappitu" (tradizionale oleificio a pressione), e per questo fu costruito in suo onore un tempio a Siracusa. La massima estensione ed intensità della coltura dell'Olivo si ebbe, però, in epoca imperiale, che oltre a soddisfare i bisogni interni, l'olio prodotto alimentava un attivo commercio di esportazione. L'olivicoltura decadde con la caduta dell'Impero Romano. Gli Arabi incoraggiarono la coltura di altre piante fruttifere e, essendo i loro paesi di origine forti produttori di olio, per ragioni commerciali ne ostacolarono la produzione in Sicilia. Tutt'oggi vengono adoperati nel dialetto locale alcuni termini di derivazione araba: Giarra, tipico recipiente d'argilla specifico per tenervi l'olio; Burnia, vaso di argilla cotta per riporvi le olive; Coffa, corda intrecciata atta a contenere la pasta, da porre sotto il torchio; Tumminu, misura di capacità per le olive. La coltura dell'Olivo rifiorì in epoca normanna e sveva, ma decadde nuovamente con la dominazione spagnola e la sua ascesa ricominciò soltanto verso i primi dell'ottocento. L'albero dell'ulivo è citato nei testi di Omero, rappresentato nei graffiti e affreschi delle tombe in Egitto, nominato nella Bibbia e nei testi arabi, infatti, la cristianità fin dalle sue origini è ricca di riferimenti all'olivo, simbolo di pace e della Pasqua Cristiana.
Altro aspetto della pianta è quello di simboleggiare la prosperità, aspetto degnamente valorizzato anche dall'arte, esempio di quanto detto, è che la pianta, è rappresentata nei mosaici della Villa Romana del Casale di Piazza Armerina (En).